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Pellicce: pronte a tornare con i millennials?

Abbiamo tutti ben chiara in mente l’immagine della nostra nonna che sfoggia con orgoglio la sua pelliccia, magari di visone, morbidissima e lucente. Ma dove sono finite le pellicce negli ultimi anni?
Ricordate le manifestazioni fur-free, durante le quali furiosissimi manifestanti tiravano secchiata di vernice rossa su coloro che osavano indossare una pelliccia? I negozi venivano braccati nel vero senso della parola e il fenomeno divenne mondiale, con una grandissima cassa di risonanza.
Davvero vale la pena uccidere degli animali innocenti per una pelliccia?

Per qualche anno la risposta è apparsa chiara: NO. E così sono stati tantissimi anche i grandi nomi della moda che si sono uniti a questo movimento anti-pelliccia. La prima a prendere la decisione di abbandonare questo “mercato” è stata Stella McCartney, seguita da Michael Kors, Calvin Klein, Gucci, Versace e tanti altri grandi marchi.

Il fascino della pelliccia era però innegabile, tanto da sentire la necessità di riprodurla in modo artificiale. Via libera quindi a pellicce sintetiche, a dettagli su borse, pantofole e giacche. Il “pelo” d’animale affascina e viene riprodotto con lo stesso entusiasmo delle stampe animalier. O almeno VENIVA riprodotto.

La generazione dei millennials, quella che ha osservato le proprie nonne sfoggiare le pellicce, che è sempre più attenta all’ecosostenibilità, correndo a comprare i prodotti packaging-free di Lush, che si sente sempre più coinvolta nel ruolo di salvatrice del pianeta…beh questa stessa generazione sta di nuovo guardando alla pelliccia animale con interesse.

Le più grandi influencer di Instagram (che si sa, detta le regole in qualsiasi settore), da Gigi Hadid a Cara Delevigne, stanno sfoggiando con orgoglio le loro pellicce di vero pelo di animale. Ed il mercato sta reagendo di conseguenza.

I millennials sono tornati ad acquistare vere pellicce, per la gioia dei produttori.
Come si spiega questo fenomeno quando essere cruelty-free nel campo della cosmetica sembra essere la caratteristica necessaria ed indispensabile per gli acquisti dello STESSO target delle ritrovate pellicce?

Secondo alcuni fieri (e nuovamente ottimisti) fornitori di pellicce per le grandi case di moda, il fenomeno si giustifica perché sarebbero le pellicce sintetiche il vero pericolo per l’ambiente. Costituite prevalentemente di fibre plastiche, vanno ad aggiungersi alla marea di rifiuti destinati a ricoprire il nostro paese per davvero tanti, taaaanti, anni.
Quindi: sacrificare un animale o il nostro pianeta?

Sembra un dilemma paradossale, che vede la crudeltà contrapposta ad un senso ecologista che però di contraddice da solo.

Fatto sta che, contrari o meno, le pellicce torneranno a farsi spazio tra le nostre strade, soprattutto come “dettagli” che impreziosiscono cappotti, borse o, addirittura, portachiavi!

Se riesumare la pelliccia della nonna poteva avere un senso, tanto ormai il povero animale è stato sacrificato e tenere la sua pelliccia rinchiusa in un vecchio armadio a far la muffa, potesse apparire solo come la beffa dopo il danno; riportare questo commercio agli antichi splendori, potrebbe davvero portare alla morte di tantissimi animali, colpevoli solo di essere belli.

Dobbiamo preparaci ad una nuova ondata di secchiate di vernice o la coscienza animalista questa volta resterà a guardare, sconvolta dal grandissimo passo indietro?

Sta alla propria coscienza ed etica personale, scegliere in che direzione muoversi. In un mondo sempre più consapevole della natura che lo circonda, pronto a scagliarsi con ferocia contro test medici su animali (finalizzati a trovare modi per salvare vite, non a farci sembrare più di classe), risulta paradossale questa ricomparsa delle pellicce animali.

 

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